Gianluca Benamati | IMMIGRAZIONE E POLITICHE PER LA SICUREZZA. LA SFIDA DEL FUTURO
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IMMIGRAZIONE E POLITICHE PER LA SICUREZZA. LA SFIDA DEL FUTURO

In questi giorni assistiamo ad un energico dibattito sulle misure relative all’immigrazione ed alla sicurezza proposte dal ministro Minniti. Un dibattito a mio avviso quanto mai opportuno.

L’Italia, infatti, è diventata un Paese di immigrazione dopo secoli in cui è stata un Paese di emigrazione ed i motivi di questa svolta non sono solo legati a convenienza o necessità, ma anche ad oggettive condizioni storiche.

Guerre, dittature sanguinarie, fame e miseria hanno prodotto un movimento globale di milioni di persone in una migrazione biblica verso speranze di libertà e benessere. Si tratta infatti di uno spostamento che parte quasi sempre dai Paesi del Sud del mondo e che ha come meta privilegiata i Paesi dell’Occidente democratico e industriale.  E qui vi è il primo punto su cui dovremmo tutti concordare riconoscendo il fatto che nessuno lascia volontariamente e a cuor leggero la propria terra verso Paesi stranieri, ma lo fa perché quasi sempre questa è l’unica opportunità per costruirsi una vita, se non addirittura l’unica possibilità di salvarsela.

Da ciò discende che bloccare questo flusso migratorio è impresa quasi impossibile se nei Paesi di origine non si ricreano condizioni sociali di pace e sviluppo.

Al contempo, nei Paesi di accoglienza, queste ondate migratorie – se mal gestite-  rischiano di amplificare il senso di insicurezza già presente in questa fase di fragilità economica. Senso di insicurezza esaltato anche dalla follia terroristica di gruppi fanatici che col pretesto della religione seminano morte e distruzione ovunque. Conseguenza di ciò rischia di essere la percezione terribile di un’equivalenza fra presenza delle comunità islamiche e rischio terrorismo.

Lo spostamento della percezione di un parte importante della pubblica opinione e del corpo elettorale in Francia, Germania e prima ancora in Regno Unito è una dimostrazione di questa sensibilità. Non è quindi un caso se anche in Italia la sicurezza oggi è sempre ai primi posti nelle preoccupazioni dei nostri concittadini e anche la corrispondenza errata fra stranieri e criminalità sia divenuta così diffusa nel nostro Paese e sia causa di comportamenti che vengono indicati, in modo spesso sommario e sbagliato, semplicemente razzisti. Dico in modo sbagliato perché accade sovente che il motivo di tali atteggiamenti non abbia componenti specificamente o esclusivamente razzisti, ma altre e diverse ragioni. Timori per il futuro, fragilità economica, disagio sociale, paura della criminalità, politiche di inserimento lente e lacunose fanno infatti degli immigrati un bersaglio perfetto di sfogo delle nostre paure. E si badi bene, si tratta di timori che sono tanto più forti quanto più la condizione economica di chi le percepisce è debole.

Un partito di sinistra progressista non può far finta di non vedere il problema e non può astrarsi dalle esigenze di chi vuole rappresentare. È ora che la parola “sicurezza” abbia il pieno riconoscimento nel linguaggio della sinistra e che sia anche accompagnato dalla parola “immigrazione”. La sicurezza è argomento importante per la sinistra nel momento stesso in cui questo è un tema prioritario per chi noi vogliamo rappresentare, ovvero i più deboli. E con più deboli intendo non solo i cittadini italiani che si trovano in condizioni economiche e sociali di disagio, ma anche gli immigrati che onestamente cercano di costruirsi una vita in Italia e che rischiano di essere vittime di atti conseguenti alle paure suddette. Un buon governo dell’immigrazione diventa perciò fondamentale.

Su questo sento già le voci di molti che diranno: “ma allora non c’è più differenza fra destra e sinistra”, “ma allora siete tutti uguali”. Io credo proprio di no. La differenza vera non sta, una volta condannate fermamente le iperboli pseudo-razziste di alcuni partiti, nella negazione o nella sottovalutazione del problema o nel falso schema di essere a favore o contro l’accoglienza, ma nelle risposte che si danno. Ai muri, ai blocchi , alle deportazioni proposte da taluni si devono contrappore legalità e regole. L’Italia tradirebbe sé stessa se non accettasse di dare rifugio a chi fugge dalla morte. Il nostro Paese può essere orgoglioso di ciò che fa anche a dispetto dell’Unione Europea, così prodiga di parole e avara di fatti. Ma il rispetto delle regole, una maggiore attenzione a distinguere chi ha diritto all’asilo da chi non lo ha ed in parallelo un percorso serio ed efficace di integrazione sono richieste giuste ed essenziali per il buon governo di una società che vuole essere aperta, ma vuole esserlo in maniera reale e serena.

È pertanto giusto che chi non ha diritto, o delinque ed è magari condannato in primo grado al rimpatrio, sia effettivamente e realmente allontanato. Mentre sarebbe altrettanto giusto che chi viene da noi per costruirsi una vita in maniera onesta abbia l’onere di imparare la nostra lingua ed alcuni rudimenti sul nostro sistema sociale e istituzionale, svolgendo magari anche qualche mansione a favore del sistema pubblico nelle comunità locali dove vive, favorendo così un percorso virtuoso di integrazione. Perché non si tratta di concentrarci solo su ciò che abbiamo da offrire agli immigrati, ma anche su ciò che gli immigrati hanno da offrire a noi e la realtà di tante parti del Paese, in cui molti settori dell’economia entrerebbero in crisi senza la loro presenza, dimostra che un’immigrazione integrata costituisce un contributo positivo.

Per queste ragioni l’approccio di Minniti sul problema dei migranti mi appare corretto e anche la questione sui CIE (centri di identificazione ed espulsione) che ha avuto ampia risonanza può sembrare comprensibile, ma sbagliata per come viene posta. Il tema, per me, non è se i CIE servono ma come sono ed operano e certamente non possono essere strutture immense di detenzione inumana: non confondiamo la missione con la gestione.

Concludo dicendo che la società aperta è un bene prezioso e delicato ed in quanto tale va difeso. Ma un’immigrazione senza controlli, accertamenti e regole sarebbe sintomo di irresponsabilità. Serietà, legalità e correttezza devono essere alla base di una buona politica sull’immigrazione e sulla sicurezza nell’interesse di tutti. Altrimenti la nostra società sarà minata dall’interno, più che dall’esterno.

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